Manca poco più di un mese a Natale, il freddo è in ritardo e si passeggia nella bella Milano. L’odore delle caldarroste è il primo richiamo alle feste. Qualche vetrina ha già azzardato un addobbo, nonostante le temperature insolitamente alte per la stagione. Turisti scattano foto al Duomo, vestito di un recente modello di impalcatura. Bambini ridono e fanno smorfie alla statua vivente di Tutankhamon, e si chiedono da quante ore non fa pipì. Un fiume di persone riversa nella lucente Galleria Vittorio Emanuele II, dove la tradizione vuole che si debbano fare tre giri sulle cosiddette “palle del toro”. Nei bar, le ordinazioni sono discordanti quanto l’abbigliamento dei clienti. C’è chi indossa una giacca leggera e mangia un gelato, chi invece beve un tè fumante, senza aver tolto i guanti di pelle. Una donna si tampona il sudore dalla fronte, ma guai a togliersi la pelliccia. C’è varietà e armonia. Ma c’è anche amarezza dietro l’appello, scritto come una richiesta di riscatto, affisso sotto l’insegna della libreria Bocca, la più antica d’Italia. Aperta a Torino nel 1775, poi a Parigi, Firenze, Roma, Torino, quella di Milano è oggi l’unica sopravvissuta e vanta diversi titoli: Locale Storico d’Italia con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, medaglia d’Oro della Camera di Commercio di Milano e bottega Storica del Comune di Milano dal 2005, eletta dal FAI Fondo per l’Ambiente Italiano luogo del cuore nel 2007.
“La crisi rischia di farci chiudere, sostieni la più antica libreria d’Italia regalandoti un libro.”
E’ ciò che si legge oggi, sotto l’insegna della libreria, un s.o.s alla cultura, alla tradizione, a un pezzo di storia italiana che rischia di sparire per far posto all’ennesimo fast food.
A.G.